Futuro difficile per il castagno

15.11.2021 | Gottardo Pestalozzi | News WSL

Il castagno europeo è presente dove già oggi si registrano le temperature previste per l’Europa centrale nei prossimi decenni. Si tratta dunque di una specie arborea con un futuro promettente nei futuri boschi a nord delle Alpi? Non per forza, dicono gli esperti dell’Istituto federale di ricerca WSL in un nuovo studio.

A prima vista si potrebbe essere portati a pensare che, a fronte del riscaldamento globale, il castagno europeo (Castanea sativa Mill.) potrebbe espandersi (o addirittura dovrebbe essere attivamente piantato) nell’Europa centrale. Questa specie arborea è infatti diffusa soprattutto a sud delle Alpi, dove già oggi si registrano temperature che gli esperti ipotizzano per il futuro prossimo nell’Europa centrale. Per l’economia forestale si pone pertanto la domanda di quanto possa essere funzionale la promozione selvicolturale del castagno.

Una prima risposta ci viene dai dati dell’inventario forestale nazionale

Per rispondere a questa domanda, un team dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL ha confrontato la probabilità di sopravvivenza del castagno con quella di altre specie arboree diffuse al sud della Svizzera. A tal fine, i ricercatori hanno fatto ricorso ai dati dell’Inventario Forestale Nazionale (IFN). Su tale base, un articolo pubblicato sulla Rivista forestale svizzera descrive dettagliatamente le dinamiche di sviluppo nelle foreste della Svizzera meridionale, dove il castagno europeo svolge un ruolo centrale.

Per secoli questa specie arborea è stata coltivata per i suoi frutti e il suo legno. Questo albero è anche una preziosa componente dei boschi di protezione e ha sempre fornito importanti prodotti secondari come il miele e un tempo anche la lettiera per le stalle. Ancora oggi il castagno è la specie arborea più importante al sud delle Alpi a livello culturale e paesaggistico. Gli attuali castagneti sono tuttavia il risultato di una pluriennale e intensiva gestione. Finora nessuno studio aveva indagato la competitività della specie e le sue future prospettive di successo se lasciata all’evoluzione naturale.

Siccità e cinipide mettono il castagno sotto pressione

Se coltivato il l castagno può superare i 700 anni di età. In condizioni naturali, tuttavia, questo albero eliofilo soffre la concorrenza delle altre specie arboree. I dati dell’IFN rivelano che il castagno è già ora in grande difficoltà sul versante sudalpino. Gli esemplari più giovani sono svantaggiati nel confronto con altre specie sciafile, come per esempio il faggio. I castagni tendono ad andare in sofferenza anche quando crescono su stazioni xeriche (particolarmente secche) e sotto l’influsso di malattie e dei danni da capre e selvaggina. Per contro, il castagno è meno soggetto ai danni da incendio boschivo rispetto agli altri alberi del bosco. I dati attestano un’elevata mortalità negli scorsi tre decenni con una netta accelerazione negli ultimi anni, soprattutto dove la specie è stata esposta a ripetuti attacchi del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), diffusosi nella regione a partire dal 2009. In Europa il cinipide è stato contrastato da un antagonista naturale (Torymus sinensis), introdotto in Italia ai fini della lotta biologica. In Svizzera l’antagonista ha fatto la propria comparsa spontaneamente solo con alcuni anni di ritardo, permettendo al cinipide di proliferare incontrastato per diversi anni, causando danni ingenti.

 

I risultati di questo nuovo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Forest and Ecology Management, suggeriscono che nell’ambito dei cambiamenti climatici il castagno non sia di per sé una specie arborea a prova di futuro. I silvicoltori devono essere consapevoli che la specie potrebbe non rappresentare la migliore opzione su terreni secchi soprattutto in previsione di un innalzamento delle temperature estive e di un aumento dei periodi di siccità. Per contro, in siti favorevoli e in caso di adeguate cure selvicolturali questa specie può essere una buona opzione per produrre legno di alta qualità.

L'Iventario Forestale Nazionale (IFN)

Con l'Inventario Forestale Nazionale (IFN) vengono rilevati lo stato e l'evoluzione del bosco svizzero. Tramite un campionamento sistematico su aree di saggio vengono rilevati innumerevoli dati su alberi, soprassuoli boschivi, condizioni della della stazione e anche dati derivanti dall'inchiesta presso i servizi forestali locali. Alcuni dei risultati più importanti pubblicati dall'IFN riguardano la superficie boschiva, il numero di alberi, la provvigione e l'accrescimento legnoso, le utilizzazioni e la diversità biologica.

L'IFN viene eseguito dall'Istituto federale di ricerca per la Foresta, la Neve e il Paesaggio (WSL) in collaborazione con la sezione Bosco dell'Ufficio federale per l'Ambiente (UFAM). Il WSL è responsabile per la pianificazione, il rilevamento, l'analisi e l'interpretazione scientifica dei dati, mentre l'UFAM si occupa dell'interpretazione dei risultati a livello di politica forestale.

L'inventario è stato condotto per la prima volta nel 1983–1985 (IFN1), seguito da tre indagini aggiuntive nel 1993–1995 (IFN2), 2004–2006 (IFN3) e 2009–2017 (IFN4). Dal 2009, i dati sono stati raccolti continuamente per un periodo di nove anni. Attualmente, il quinto inventario è in corso nel 2018–26 (IFN5).

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