In che modo il cambiamento climatico danneggia gli ecosistemi

18.12.2020  |  Université de Neuchâtel/ETH Zürich | News WSL

Con l’aumentare del riscaldamento, gli organismi dalle regioni pianeggianti salgono ad altitudini maggiori. I ricercatori di ETH e WLS hanno studiato cosa accadrebbe alle comunità vegetali nei pascoli alpini se le cavallette delle pianure vi si insediassero.

Il pianeta sta vivendo una fase di progressivo riscaldamento e molti organismi originari di altitudini o latitudini minori si stanno trasferendo ad altitudini maggiori.

Tuttavia, l’insediamento di nuovi organismi in un nuovo habitat potrebbe alterarne l’equilibrio ecologico che vi si è formato da lungo tempo. I vegetali e gli animali erbivori si distinguono per una co-evoluzione di lungo periodo, che modella la reciproca distribuzione geografica e ne modifica le caratteristiche specifiche di ciascun sito occupato.

Ad altitudini elevate ciò si osserva nella minore abbondanza di insetti erbivori e nella minore specializzazione delle piante nelle misure di difesa contro tali erbivori, come conseguenza di una minore disponibilità di energia e di periodi vegetativi più brevi. Al contrario, le specie vegetali che vivono a basse altitudini sono attrezzate per difendersi da erbivori più abbondanti e diversificati, mediante spine, spighe, peluria o produzione di sostanze tossiche. Il cambiamento climatico potrebbe incidere su questa organizzazione ecologica.

In un esperimento, i ricercatori del Politecnico di Zurigo, dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WLS) e dell’Università di Neuchâtel hanno studiato cosa potrebbe accadere se animali erbivori, in questo caso cavallette di regioni di media altitudine, si stabilissero nei pascoli alpini più elevati entrando in contatto con nuove comunità vegetali che risiedono in quei luoghi. Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista Science.

I ricercatori hanno trasferito diverse specie di cavallette da altitudini intermedie (1400 metri slm) in tre siti alpini a pascolo ad altitudini rispettivamente di 1800, 2070 e 2270 metri slm, dentro apposite gabbie. Le cavallette indigene erano state precedentemente rimosse dalle aree di studio. L’esperimento è stato condotto nella regione di Anzeindaz, nella Alpi di Vaud.

I ricercatori hanno quindi osservato in che modo la presenza degli insetti erbivori modificava le comunità vegetali alpine attraverso la misurazione di fattori relativi a biomassa, struttura e composizione delle piante. Inoltre, si è cercato di capire se alcune specie vegetali fossero più suscettibili a fungere da nutrimento per gli erbivori, ad esempio piante con foglie più robuste, oppure contenenti silice o altri elementi come fenoli o tannini.

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Un prato alpino ricco di specie con Gentiana clusii (fiori blu) sul sito di ricerca vicino al ghiacciaio del Paneirosse a 2270 m. (foto: Patrice Descombes)
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Le cavallette e grilli di basso livello sono state trasferite in gabbie su tre prati a 1800, 2070 e 2270 m. Foto: Patrice Descombes
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I cambiamenti osservati nella vegetazione sono stati monitorati in quadrati di 50 x 50 cm combinando vari metodi di inventario. (foto: Patrice Descombes)
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Le cavallette e le grilli (qui: Mecostethus parapleurus) sono insetti erbivori che possono influenzare fortemente la struttura delle comunità vegetali. (Foto: Christian Rösti)
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Le cavallette non indigene modificano la flora

Gli ecologi hanno scoperto che il comportamento alimentare delle cavallette aveva una marcata influenza sulla struttura della vegetazione e la composizione della flora alpina. Le comunità vegetali alpine mostrano una struttura ben definita nell’organizzazione della volta vegetale: le piante con foglie più robuste si collocano in alto, quelle che meglio tollerano l’ombra e hanno foglie più morbide crescono in basso. Tuttavia, questa organizzazione naturale appariva disturbata perché le cavallette di nuovo insediamento preferivano alimentarsi con le piante alpine più alte e robuste, che presentano caratteristiche funzionali - come struttura della foglia, contenuto di nutrienti, difesa chimica o forma di crescita - assimilabili a quelle delle piante originarie delle loro regioni di origine più a valle. Di conseguenza, gli insetti hanno ridotto la biomassa delle robuste piante alpine dominanti, e ciò a sua volta ha favorito la crescita di specie di piante più basse, meno gradite agli erbivori. Questo ha causato un incremento della biodiversità vegetale nel breve termine.

“Gli erbivori alloctoni si alimentano di piante specifiche nella loro nuova collocazione, e ciò modifica e riorganizza l’interazione competitiva tra queste specie vegetali alpine”, ha spiegato il primo autore dello studio, Patrice Descombes. Il riscaldamento globale, ad esempio, potrebbe alterare l’equilibrio ecologico perché gli animali mobili, inclusi numerosi insetti erbivori, potrebbero espandere il proprio habitat spingendosi verso altitudini più elevate con maggiore velocità rispetto alle piante, più sedentarie.

Gli insetti erbivori delle valli potrebbero quindi adattarsi facilmente agli habitat alpini, in cui le piante residenti sono scarsamente attrezzate o del tutto inadatte a difendersi da questi nuovi erbivori. Ciò potrebbe modificare la struttura attuale delle comunità vegetali alpine nel loro complesso, e il loro funzionamento. Il cambiamento climatico avrebbe quindi un effetto indiretto sugli ecosistemi, che si aggiungerebbe alle conseguenze dirette dell’innalzamento della temperatura.

Secondo Loïc Pellisier, professore di Ecologia del paesaggio al Politecnico di Zurigo e al WLS, questo effetto indiretto del cambiamento climatico sugli ecosistemi è uno degli aspetti più rilevanti che emergono dallo studio: “La ricerca sugli effetti climatici ha studiato ampiamente gli effetti diretti delle temperature sugli ecosistemi, ma queste nuove interazioni che si creano tra specie che migrano in nuovi habitat potrebbe causare importanti modificazioni strutturali. Sono elementi importanti dell’alterazione degli ecosistemi generata dal progressivo riscaldamento climatico”.

Attraverso i risultati di questi studi i ricercatori intendono migliorare i modelli per l’inquadramento di questi processi, finora risultati inadeguati, confidando inoltre di migliorare la prognosi dell’influenza del cambiamento climatico sul funzionamento degli ecosistemi e dei servizi che questi offrono.

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