Le faggete hanno reagito rapidamente all’ondata di siccità del 2018

16.12.2020  | Reinhard Lässig | News WSL

Come reagiscono in Svizzera i faggi alla siccità estrema? Lo hanno studiato i ricercatori dell’Istituto federale di ricerca WSL durante e dopo l’estate siccitosa dei 2018 presso 75 aree di saggio dell’Inventario Forestale Nazionale. Imbrunimento anticipato delle foglie, chiome diradate e una minore crescita sono stati chiari indizi di una perdita di vitalità in molti dei faggi presi in esame. Nell'anno successivo, quando le condizioni sono tornate più umide e meno calde, la maggior parte degli alberi si e’ ristabilita.

Già nella tarda primavera del 2018, in quasi in tutta la Svizzera ha smesso di piovere per un lungo periodo di tempo. A questo sono seguite temperature estive superiori alla media, cosa che in ampie regioni dell’Europa centrale ha causato una siccità estrema. In molti punti dell’Altipiano svizzero e nel Giura il fogliame delle latifoglie e’ invecchiato precocemente. Già a metà luglio molti faggi presentavano piccole foglie imbrunite e leggermente arrotolate che rimanevano appese ai rami.

Coincidenza favorevole: aree di saggio misurate prima dell’ondata di siccità

Ancora prima di questa ondata di siccità erano iniziati i rilevamenti per il quinto Inventario Forestale Nazionale (IFN) che il WSL svolge in collaborazione con l’Ufficio federale dell'ambiente UFAM. Alla fine di maggio le squadre di rilevamento IFN del WSL avevano già misurato i boschi di faggio presso 75 aree di saggio della Svizzera tedesca e romanda. Nel quadro dell’iniziativa WSL «Siccità 2018», i ricercatori hanno subito sfruttato l’occasione per analizzare di nuovo queste aree IFN a fine estate 2018 e poi anche in quella del 2019, per stabilire come i 271 faggi lì presenti avevano reagito alla siccità.

Diagnosi inequivocabile con tre sintomi

Nell'estate inoltrata del 2018 e del 2019 i ricercatori hanno quindi valutato, sulla base della trasparenza della chioma, della colorazione delle foglie e dell’accrescimento diametrico dei tronchi, come si era sviluppata la vitalità dei faggi durante e dopo l’ondata di siccità estrema. I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati dal team di ricercatori del WSL e del PF di Zurigo sulla rivista scientifica Ecological Indicators.

Durante le misure svolte nell’estate inoltrata del 2018 è emerso che i faggi con foglie imbrunite e chiome insolitamente diradate erano molto più numerosi rispetto alle osservazioni pluriennali. Tra le possibili cause sono state diagnosticate soprattutto una minore crescita negli anni passati, l’alta concorrenza esercitata dagli alberi vicini ed il deficit di precipitazioni. I ricercatori hanno inoltre notato che gli alberi di grandi dimensioni erano stati tendenzialmente più colpiti rispetto a quelli più piccoli.

Rispetto alla media degli anni 2010-2017, la crescita del fusto nel 2018 è stata nettamente inferiore in tutte le 75 aree di saggio. Inoltre, i faggi che manifestavano un imbrunimento anticipato delle foglie e chiome diradate crescevano meno degli alberi che avevano ancora un aspetto più vitale.

2019: l’anno della ripresa

Grazie alle favorevoli condizioni meteo del 2019, le condizioni di molti alberi presi in esame sono di nuovo migliorate. Solo in un unico esemplare è stato rilevato un forte cambiamento di colore delle foglie, mentre la trasparenza della chioma corrispondeva all’incirca alle osservazioni pluriennali. La crescita nell'anno 2019 è stata nettamente maggiore rispetto al 2018 e addirittura superiore della media del periodo 2010-2017.

Questo studio a breve termine dimostra la rapida reazione dei faggi all’estate siccitosa del 2018, manifestatasi con un imbrunimento anticipato delle foglie e una trasparenza della chioma superiore alla media. Di conseguenza, anche la crescita degli alberi presi in esame è stata inferiore. Nella maggior parte dei faggi studiati, gli effetti di questo tempo caldo e siccitoso sono stati – almeno per il momento – solo temporanei. 

Opportuna un’osservazione a lungo temine dei boschi

Nel caso le precipitazioni e le temperature estive dovessero cambiare a causa del riscaldamento globale, sarà inevitabile un impatto sulla salute, sulla funzionalità e sulla crescita dei boschi. E se i boschi producono meno legno del solito a causa della siccità, saranno in grado di assorbire meno carbonio.

Questo studio è stato reso possibile unicamente dal fatto che nei boschi svizzeri esiste da oltre 35 anni una rete fissa di oltre 6000 aree di saggio IFN. Grazie a essa non c’è stato bisogno di una dispendiosa e fondata ricerca di siti idonei, ma erano già disponibili robuste serie di dati con le quali è stato possibile confrontare le misure svolte negli anni 2018 e 2019. Queste reti di osservazione permanenti potranno rivelarsi utili anche in futuro per studiare i nessi ambientali o ecologici e per quantificare l’impatto dei cambiamenti climatici.

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