Preparare alla siccità le foreste coltivate di abete rosso e bianco attraverso la selvicoltura

A causa dei cambiamenti climatici, nell’Europa centrale sono sempre più frequenti i periodi di siccità che alcune foreste odierne hanno difficoltà a sopportare. I dati di un esperimento trentennale dimostrano quanto le foreste coltivate di abete rosso e bianco siano vulnerabili alla siccità. La selvicoltura può tuttavia aumentare la loro resilienza alla siccità, ossia la rapidità e la qualità con cui possono riprendersi da eventi siccitosi. A riferirlo è un team di ricercatori guidato dall’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL sulla rivista scientifica Global Change Biology.

In che misura le foreste sono in grado di far fronte alla siccità? E cosa possono fare gli operatori forestali per aumentarne resistenza e resilienza? Era questo che volevano scoprire i ricercatori del WSL. A tal fine, hanno potuto ricorrere ad un esperimento a lungo termine unico nel suo genere dell’Istituto di ricerca forestale del Baden-Württemberg (FVA) nella Germania sud-occidentale: presso sei siti sperimentali con foreste di abete rosso e bianco è stato studiato fin dagli anni ‘70 un particolare tipo di governo del bosco denominato «taglio successivo a gruppi», nel quale alcuni gruppi di alberi non vengono toccati al momento del taglio. Nei punti liberati crescono poi nuovi alberi e ne deriva un soprassuolo stratificato.

Ogni singolo albero delle superfici sperimentali è stato misurato con precisione nel corso del tempo. A consentire di trarre conclusioni valide per le foreste svizzere è stato infine il confronto con oltre 300 siti sperimentali sulla crescita forestale (EFM), che il WSL tiene in alcuni casi sotto controllo da oltre 100 anni.

Abete rosso e abete bianco sono le principali specie arboree per il settore forestale: l’abete rosso è la principale fonte di legname, ma in molti luoghi il suo futuro è segnato a causa della siccità e del bostrico. L’abete bianco è considerato il sostituto dell’abete rosso perché le sue radici si estendono più in profondità e pertanto si adatta meglio alla scarsità d’acqua. «Si tratta di due protagonisti dell’attuale panorama forestale europeo, a livello sia ecologico sia economico», afferma Andreas Rigling, capo dell’unità di ricerca Dinamica del bosco del WSL.

Gli alberi alti e grandi sono più sensibili alla siccità

Grazie ai dati sul lungo periodo provenienti dalla Germania sud-occidentale, integrati da nuove osservazioni presso questi siti, il team internazionale di ricercatori ha potuto indagare l’effetto della siccità su abete rosso e bianco. Le misurazioni della crescita e delle condizioni degli alberi hanno evidenziato che gli abeti rossi sono andati in sofferenza già a fronte di una leggera siccità, mentre gli abeti bianchi erano ancora in grado di accedere ad una sufficiente quantità d’acqua e quindi hanno potuto addirittura beneficiare delle temperature più elevate.

In casi di siccità estrema, come per esempio nel 2003 e nel 2011, hanno sofferto anche gli abeti bianchi, anche se meno di quelli rossi. In tale circostanza un aspetto non secondario è stata la densità degli alberi, ma anche le loro dimensioni, due fattori che possono essere influenzati dal governo del bosco. «Gli alberi grandi e alti sono più sensibili alla siccità perché devono trasportare l’acqua più in alto fino alla chioma», spiega Alessandra Bottero del gruppo di ricerca Ecologia degli ecosistemi del WSL, prima autrice dello studio.

Gestire le foreste pensando allo stress da siccità

Vi sono dunque diversi approcci selvicolturali per ridurre la sensibilità delle foreste alla siccità: sfoltire il soprassuolo, incentivare l’abete bianco e le latifoglie tolleranti la siccità nei siti secchi e caldi oppure impedire che gli alberi diventino troppo grandi. Come spiega Bottero, queste considerazioni coincidono con le osservazioni a lungo termine svolte dal WSL in Svizzera, per esempio con gli esperimenti di diradamento e irrigazione nel Pfynwald, una foresta di pini silvestri. «È incoraggiante effettuare osservazioni simili in foreste con forme di governo e composizioni diverse».

Il tipo e la frequenza degli interventi richiesti agli operatori forestali dipendono dalla composizione delle specie arboree, ma anche dalla localizzazione, dalla fase di sviluppo e dalla funzione della foresta (deve per esempio servire soprattutto come fonte di legname o proteggere a lungo termine contro i pericoli naturali?). I ricercatori hanno divulgato le nuove conoscenze acquisite in workshop e i risultati del progetto saranno pubblicati anche su riviste forestali.

Questo studio è stato condotto dalla rete NFZ.forestnet nel quadro del programma di ricerca europeo «ERA-NET Sumforest». In questa rete dedicata alla ricerca forestale lavorano da più di 15 anni sette istituti di ricerca di Nancy, Friburgo e Zurigo. Il progetto è un’attività congiunta di WSL, ETH di Zurigo, università Albert Ludwig di Friburgo, FVA di Friburgo e INRAE Nancy.

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